domenica 3 dicembre 2017

5 - Io ero in Libia tic e tac



Per studiare l'imperfetto e il passato prossimo ho insegnato ai miei studenti di italiano il gioco infantile "Ero in Bottega tic e tac". Il gioco consiste nel battere le mani in coppia coordinandosi e creando un ritmo, mentre si recita un testo un po' surreale e a dire il vero inquietante: Ero in bottega / che lavoravo / e non pensavo / alla prigione./ Ma un brutto giorno / la polizia / mi portò via / da casa mia. / Ma io furbone / presi un bastone / e glielo diedi / sul suo testone / Ma il suo testone / era un melone / e lo mangiai / per colazione.
Come spesso avviene nelle filastrocche non si capisce bene che cosa succede, perchè la polizia lo porta via se lui sta lavorando? Quali soprusi celano queste rime innocenti? La conclusione un po' cannibalesca più che impressionare, sembra una giusta reazione a un'ingiusta violenza.
Su questo ritmo abbiamo composto una nuova canzone, ispirata a una storia vera capitata in Libia, una delle tante.

Io ero in Libia tic e tac
che lavoravo tic e tac
e non pensavo tic tac
di andare via tic e tac
Ma un brutto giorno tic e tac
due persone tic e tac
mi hanno chiesto  tic e tac
“vuoi lavorare?” tic e tac
Mi hanno chiuso tic e tac
in una stanza tic e tac
e mi hanno detto tic e tac
"se vuoi uscire tic e tac
devi pagare" tic e tac
Ma io non potevo tic e tac
e son rimasto tic e tac
chiuso due mesi tic e tac
Poi un bel giorno tic e tac
sono scappato tic e tac
ma ho incontrato tic e tac
persone armate tic e tac
Loro mi han detto tic e tac
“Tu sei scappato tic e tac
perchè hai paura tic e tac
di andar sul mare” tic e tac
Mi hanno messo tic e tac
sopra una barca tic e tac
sono arrivato tic e tac
fino in Italia tic e tac



Questo che segue è il racconto in terza persona fatto dal protagonista della storia. Anche questa parla di ingiustizie ingiustificate e anche questa, in fin dei conti, ha un lieto fine:

"Una volta c'era un ragazzo che era in Libia che lavorava, ma non lo pagavano. un brutto giorno due persone gli hanno chiesto se voleva lavorare con loro e lui ha detto sì. loro lo hanno portato in una casa in costruzione e gli hanno detto che se voleva uscire doveva pagare, ma lui non poteva ed è rimasto chiuso due mesi. Poi un bel giorno hanno dimenticato di chiudere la porta, era mattina, lui ha visto ma non ha fatto niente. Ha aspettato fino alle 4 del mattino e alle 4 del mattino ha cercato di scappare. Ma quando è uscito ha incontrato persone armate che gli hanno chiesto dove stava andando. lui ha risposto che voleva andare in bagno, ma loro non gli hanno creduto. Loro gli hanno detto che lui aveva pagato il viaggio per andare in Europa, ma poi, quando aveva visto come erano piene le navi aveva avuto paura e non voleva più partire. Loro non volevano che lui raccontasse in città come erano le navi e per questo lo hanno messo su una nave. E' così che lui è arrivato in Italia"

Per approfondire
Il Fatto Quotidiano: "Libia, se vedi la barca devi salpare o ti uccidono".

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